Calcio moderno vs Calcio contemporaneo

Il calcio, come del resto tutti gli altri sport, ha subito nel corso degli anni trasformazioni e cambiamenti che hanno inciso profondamente sulla sua struttura originaria, modificandone tattiche, schemi e regole. Tralasciando la nostalgia che in molti hanno per un calcio che non c’è più fatto di: numeri di maglia dall’uno all’undici, partite ascoltate con la radiolina in mano e sintesi degli incontri visibili solo su Novantesimo Minuto e sulla Domenica Sportiva, l’attenzione è posta sulle evoluzioni (o involuzioni) avvenute a livello tecnico (e tattico). Nel calcio contemporaneo assistiamo spesso a dichiarazioni rilasciate dai protagonisti degli anni passati i quali sostengono che il livello del nostro torneo si è di gran lunga abbassato e che la Serie A ha perso il primato di campionato più bello del Mondo, rimanendo solo il più difficile. Ma è vero? E come si è arrivati a tutto ciò? Premesso che, ovviamente, una risposta universale non è possibile trovarla, cerchiamo di analizzare i fatti, in maniera sillogistica (sperando che il presupposto non sia errato, altrimenti si smonta tutta la tesi). Negli ultimi 30 anni due sono state le discontinuità più clamorose dello sport più amato e seguito nel globo: quella “orange” degli anni’ 70 (che ha portato l’Ajax a vincere 3 Coppe dei Campioni consecutivi e l’Olanda ad essere finalista dei Mondiali per due volte) e quella del Milan di Arrigo Sacchi che ha portato il Milan per due volte sul tetto d’Europa e del Mondo e una su quello d’Italia. Parlo di discontinuità tattiche ma anche tecniche perché queste due squadre giocavano talmente bene che gli avversari sul livello di gioco erano sconfitti per manifesta inferiorità. Se la scuola olandese ha avuto il merito di introdurre il concetto di giocatore universale (ovvero che sapesse ricoprire bene tutti i ruoli del campo), unendola a quella di collettivo e gioco di squadra formidabile, l’Arrigo nazionale è stato il padre fondatore di un calcio fatto di: pressing, attacco degli spazi, turn over, diagonali difensive, ritmi di gioco asfissianti, corsa e tattica del fuorigioco. La rivoluzione sacchiana ha però, forse, prodotto a livello nazionale (ed internazionale) effetti opposti a quelli da lei suggeriti. Infatti se questo tipo di Calcio nel Milan targato Sacchi era interpretato da calciatori fenomenali in ogni zona del campo (un centrocampo con Ancelotti e Rijkaard e Donadoni ed Evani sulle fasce tutto può dirsi meno che di pura rottura), per gli altri allenatori che hanno cercato di imitarlo è stato fonte di equivoci (più che altro a livello mentale). Infatti se i concetti citati prima sono divenuti comandamenti per il calcio moderno, la mentalità con la cui vengono applicati è radicalmente cambiata. Per cui negli anni’90 si è assistito a squadre certamente vincenti, ma molto meno spettacolari e forti. Questo perché si è preferito dare spazio a calciatori più muscolari e dotati di corsa e forza maggiore ma assai più scarsi tecnicamente. Per i calciatori tecnici è divenuto sempre più difficile giocare in Serie A e sfondare nel calcio che conta mentre si è assistito alla ribalta di giocatori semisconosciuti e poco tecnici ma con polmoni e muscoli d’acciaio. Il calcio è dunque meno affascinante? A detta di tutti sì, tuttavia quando arrivano le vittorie (e i soldi) questo aspetto diviene di scarsa importanza, specie per i presidenti. Quello che forse non è stato metabolizzato è che il calcio contemporaneo ha ancora bisogno di grandi interpreti in tutti i ruoli del campo, concetto ripreso in Italia specialmente dal Milan di Ancelotti che ha avuto il merito (e il coraggio) di affidare le redini del centrocampo ad un giocatore tecnico come Pirlo. La scelta si è rivelata vincente, come a dire che i giocatori tecnici fanno ancora la differenza, ma ancora molti allenatori di grandi squadre non si convincono di questo fatto e schierano giocatori di scarsa qualità. Ma ora un'altra domanda i calciatori tecnici (che ancora ci sono in giro) sono più forti di quelli del passato? Ovvero un Pirlo, un Totti, un Del Piero, un Ibrahimovic, un Ronaldinho, un Kaka o un Cristiano Ronaldo come si sarebbero comportati 20-30 anni fa? Sicuramente ora, essendo sceso il livello tecnico, si usano aggettivi ad iperbole in maniera più facile, però è anche indubbio che giocatori davvero tecnici non si sono del tutto estinti. E per loro la vita, a causa delle due cesure prima citate, è forse più difficile. Marcature asfissianti (raddoppiate o triplicate), falli tattici, tattiche del fuorigioco sempre più affinate, fase difensiva interpretata non più da 4 giocatori ma da tutti e 11 hanno contribuito a soffocare il talento e l’inventiva dei calciatori. Inoltre giocano a ritmi e velocità impensabili per i giocatori del passato, specie per i difensori spesso rocciosi ma lenti. Ma 20-30 anni fa quando tutto questo era ancora in fase iniziale come si sarebbero trovati? Ad onor del vero va detto che il calcio contemporaneo regala gol (non esistono più gli autogol), costringe le difese a maggiori errori (abolizione del retropassaggio al portiere) e rende vita più facile alle squadre cosiddette grandi (il potere economico ha indubbiamente aumentato il gap tra grandi e piccole). Dunque siamo di fronte a giocatori straordinari o brocchi fatti passare per cavalli di razza?

Come te nessuno mai (per ora)

Con la doppietta realizzata ieri sul campo di Verona contro il Chievo, Francesco Totti è divenuto ufficialmente il calciatore in attività con più reti realizzate nella massima serie, giungendo a quota 141 reti e sbarazzandosi di Chiesa rimasto fermo a quota 139. L’effimero primato (teoricamente potrebbe durare anche solo pochi giorni) evidenzia ancora di più le doti di un calciatore che migliora anno dopo anno e che si sta trasformando in vero e proprio bomber , senza perdere il suo straordinario contributo in zona assist e che guida la classifica cannonieri del campionato italiano, avendo messo a segno la bellezza di 16 reti (senza i 4 errori dal dischetto sarebbe già a 20) nonostante nelle prime 6 giornate sia rimasto a bocca asciutta per i problemi dovuti all’acquisizione di una forma fisica competitiva dopo il grave infortunio dell’anno scorso e le fatiche di un Mondiale che lo ha visto presente in tutte e 7 le gare disputate dalla nostra nazionale. E proprio il suo famoso infortunio ha smentito una volta di più tutti coloro che giuravano (o speravano) che non sarebbe mai più tornato a giocare su alti livelli e che ne pronosticavano già una carriera in inesorabile declino. Invece proprio nell’anno dopo l’infortunio, Totti sta disputando una delle sue annate migliori (può battere il suo record di 20 reti dell’anno 2003-04) impreziosita dalla conquista di un titolo di Campione del Mondo e da alcune perle come la doppietta a San Siro contro il Milan e a Marassi contro la Samp.
Grazie a lui, la Roma è tornata ad essere competitiva dopo anni di vero e proprio oblio, e a giocare partite importanti anche in campo internazionale. La sua bacheca personale sarebbe senz’altro più ricca di trofei se avesse indirizzato la propria carriera verso altri lidi, ma comunque non va dimenticato che con la maglia della nazionale ha vinto quasi tutto (Europeo Under 21, Mondiale e Finale dell’Europeo persa all’ultimo secondo contro la Francia) e con la Roma ha conquistato uno Scudetto (evento assai raro nella storia della società) e una Supercoppa Italiana, oltre a innumerevoli Finali di Coppa Italia perse. Quello che gli manca è il palcoscenico della Champions League dove non ha mai giocato dai Quarti di Finale in poi, ma questo ricalca il discorso fatto sulle scelte della propria carriera. E comunque la grandezza di un giocatore non la fanno i trofei ma le sue doti tecniche, altrimenti, con tutto il rispetto, Pessotto dovrebbe essere considerato più forte di tanti fuoriclasse della storia che hanno vinto molto meno di lui.