Era ovvio

Il quotidiano svedese "Post-och Inrikes Tidningar", il più vecchio quotidiano del mondo fondato addirittura nel 1645 abbandona le rotative e si trasferisce definitivamente sul web.

Voce di uno che grida nel deserto

Un altro colpo basso per i maniaci della scienza. Dopo le disfatte subite, con tanto di prove, sulla teoria evolutiva e sulla sfericità del nostro pianeta, un’altra catastrofe si sta abbattendo con grande forza sui nostri “scienziati”. L’argomento stavolta riguarda le specie in via d’estinzione grande cavallo di battaglia degli animalisti di tutto il mondo, al punto che si raccolgono collette in ogni angolo del pianeta per far riprodurre i panda e fornire un ambiente familiare a tigri e pinguini. Ebbene, ancora una volta sembra che ad aver ragione non sia la comunità scientifica che con le sue teorie ha influenzato la stragrande maggioranza della popolazione terrestre, ma quelle poche e rarissime “menti libere”, che si riuniscono sotto il nome OPINI KARATE, e che riescono ad analizzare lucidamente la situazione e ad avere il coraggio di affermare che gli animali non si stanno estinguendo ma che semplicemente sono le tecniche di rilevazione ad essere sommarie e quindi poco credibili. Paradossalmente, questa volta sono stati proprio gli scienziati a commettere il più clamoroso degli autogol trovandosi questa patata bollente improvvisamente tra le mani. Ma veniamo all’episodio.
Erano scesi nelle profondità marine per dare la caccia all’infinitamente piccolo, per catturare le tracce di neutrini che vengono dai bordi dell’universo (ma poi chi l’ha detto che l’universo abbia dei bordi? Li avete mai visti? Ci avete mai sbattuto contro e raccontato agli amici bullandovi nei pub di aver avuto un incidente con uno dei bordi dell’universo?) ed hanno trovato un inaspettato via vai di capodogli, specie che nel Mediterraneo si pensava si fosse ridotta a poche decine di esemplari. I capodogli, intercettati grazie ai sensori acustici installati nel telescopio marino che doveva cogliere il passaggio dei neutrini in mioni, sapete dove si trovavano? A largo delle coste di Catania, non negli abissi di chissà quale oceano, e nonostante ciò venivano considerati specie in via d’estinzione. Ditemi come si fa a ritenere ancora credibili questi geni. Le teorie non vanno solo enunciate ma anche dimostrate, ed i capodogli che sanno di essere tali da sempre, e non grazie ad un delfino troppo cresciuto o ad uno squalo erbivoro, ne sono l’esempio lampante.

Pallone bucato

S’identificano sotto l’acronimo A.C.A.B. (All Cops Are Bastards, tutti i poliziotti sono bastardi) ed il movimento agisce in maniera trasversale, ovvero unendo le tifoserie organizzate a prescindere dalle loro “rivalità” calcisitiche nella lotta contro le forze di sicurezza. Il loro motto è “Good cop dead cop” (l’unico poliziotto buono è quello morto) ed ogni domenica cercano gli scontri con le forze dell’ordine. Ma da cosa ha preso origine questa terribile situazione?
La dizione A.C.A.B. , nasce in Inghilterra negli anni ’80 (sì proprio da quell’Inghilterra da cui dovremmo prendere esempio) ed i primi a divulgarla su larga scala furono, nel 1982, i “The 4 Skins”, band londinese street punk pronta a schierarsi in curva nelle partite casalinghe del West Ham che scelse proprio “A.C.A.B.”, come titolo di una propria canzone divenuta un vero e proprio manifesto di tutto il movimento. Dagli anni ’80 ad oggi la filosofia “cops bastards” ha attraversato tutta l’Europa, finendo per essere adottata da gruppi estremisti di destra e di sinistra e trovando, negli anni ’90, terreno fertile nei paesi dell’Est europeo. Si era, però, fermato ai confini italiani. Almeno fino al G8 del 2001. I fatti di Genova, culminati nell’uccisione di Carlo Giuliani, hanno dato un contributo notevole all’importazione del fenomeno ed i blog ed i forum degli ultras hanno iniziato a riempirsi di frasi come “I colori ci dividono, la mentalità ci unisce”. Da fenomeno anarcoide, l’A.C.A.B. è divenuto cosa principale, ma non esclusiva, dei gruppi ultras di destra sempre più presenti nelle nostre curve (ma l’ordine ed il controllo non sono sostantivi usati soprattutto dai gruppi di destra?), che hanno iniziato a rileggere in chiave anti-polizia episodi del passato (come la morte di Stefano Furlan dopo uno scontro con la polizia nel ’84 o quella di Celestino Colombi stroncato da un infarto durante una carica del reparto mobile di Bergamo) , creando una sorta di memoria di gruppo e di una coscienza collettiva. La situazione è in costante allargamento e lo scorso Febbraio 1500 ultras di 35 tifoserie diverse hanno manifestato a Brescia contro il ferimento di un tifoso bresciano.
Ma come si può arrestare questo fenomeno?
Le strade percorribili a mio avviso sono due: la totale repressione di ogni forma di aggregazione organizzata specialmente nelle trasferte, un maggior controllo su tutti i tifosi, l’adottamento a 360 gradi della Legge Pisanu in tutti gli stadi. L’altra soluzione, invece, percorre un senso diametralmente opposto ed è quella della responsabilizzazione e sensibilizzazione delle tifoserie, prendendo esempio dal tanto decantato modello inglese, ovvero polizia fuori dagli stadi, gestione della sicurezza affidata a completo carico della società, comportamento civilizzato degli spettatori da far rispettare anche con l’applicazione di pene e sanzioni severe.
Tuttavia il fenomeno non è solo sportivo, ma soprattutto politico e sociale, per cui è inutile sospendere i campionati a lungo (doveroso lo stop di una settimana per rispetto della morte di una persona, poliziotto o tifoso che sia), né giocare a porte chiuse (senza spettatori non ha senso giocare e farlo ugualmente vorrebbe solo dire rispondere alle esigenze di chi detiene i diritti televisivi).